L'usabilità è uno degli argomenti che sta coinvolgendo la comunità di web designer e in genere di tutti coloro che lavorano attorno al web. Alcune interessanti discussioni hanno occupato vari luoghi della rete raggiungendo infine anche le pagine del quotidiano Il Manifesto e, indirettamente, del settimanale L'Espresso. Il via alla discussione è stato dato dalla vivace mailing list Nettime in cui, in un thread intitolato Disassociate Webdesign from Usability, venivano espresse pesanti critiche al concetto di usabilità, seguite dalla constatazione di come ormai la creatività e l'innovazione del design hanno perso qualsiasi egemonia sul look del Web. Al tempo della new economy e dei portali l'usabilità è diventato lo strumento magico per attrarre l'utente, che si presume incapace di utilizzare il mezzo tecnologico, in lidi consumistici a lui più congeniali.
A condurre il discorso alle estreme conseguenze ci ha pensato Franco Berardi (meglio conosciuto in rete e sui media con l'alias "Bifo"). Il titolo dell'articolo riprende esattamente l'argomento del thread di Nettime: Dissociare il webdesign dall'usabilità. Il godibile dibattito nato dall'articolo ha avuto come ultimo, provvisorio, atto l'articolo apparso sulle pagine dell'Espresso in cui Franco Carlini, autore del libro Lo stile del Web, ridefinisce il rapporto fra usabilità e siti dinamici costruiti con Flash.
La discussione ha messo alcuni problemi e interrogativi che molti probabilmente covavano in silenzio. L'articolo di Berardi è netto: parlare di usabilità significa solamente mettere in evidenza le prospettive più deteriori della rete, ossia quelle legate al commercio, alla vendita di beni e servizi, alla modellazione della visita dell'utente a fini prestabiliti. Insomma, l'usabilità, lungi dall'essere una nuova arma di creazione nell'arciere del webmaster, è uno strumento "reazionario" (per citare un'altra discussione nata sulla mailing list Weebies), incline più a narcotizzare la rete piuttosto che a farla esplodere nelle sue meravigliose sfaccettature.
Gli argomenti di Berardi hanno più di un fondo di verità ma vanno certamente calibrati. L'usabilità, intesa come la materia che pone al centro la semplicità e la facilità di accesso e di navigabilità ai siti Web, è diventata una degli strumenti più importanti in mano agli architetti del Web per ridefinire la loro missione in funzione dell'utente. La User Experience, su cui tante parole ha speso Emanuela Gugnelli nella guida all'usabilità di HTML.it, deve diventare fondamentale nella concezione e nella costruzione di un sito. È significativo che la parola usabilità venga spesso confusa e usata nella stessa accezione di accessibilità: ciò dimostra che l'usabilità è uno dei principali strumenti per fare del punto di vista dell'utente il centro di un sito e di tutto quello che diviene necessariamente pubblico in quanto pubblicato.
Tuttavia un discorso così lineare presenta non poche falle. L'usabilità, lo dice esplicitamente Jakob Nielsen nell'introduzione al suo libro Web Usability, diventa decisiva e necessaria in una concezione di World Wide Web eminentemente utilitaristica e strumentale: «credo che l'obbiettivo principale della maggioranza dei progetti Web dovrebbe essere il rendere semplice per le persone (o per i clienti) lo svolgimento di attività che hanno un qualche fine pratico » (J. Nielsen, Web Usability, Apogeo, p. 11). Questa è una visione decisamente inaccettabile per tutti coloro che credono che il Web sia anche uno strumento per poter produrre una nuova cultura e un nuovo linguaggio. L'usabilità, se intesa all'interno di questo secondo spazio, diventa allora l'opposto della complessità e la nemica di tutte le sperimentazioni. Chi segue le regole dell'usabilità, perché di regole è fatta questa materia, tenderà sempre più a standardizzare le proprie creazioni e a standardizzare anche il proprio ingegno. Un esempio banale: alcuni degli strumenti che hanno reso più usabile il personal computer e tutti i suoi programmi sono le iconcine stile Microsoft che corredano qualsiasi software e che spesso vediamo riprodotte in siti Web. Usabilissime perché molto conosciute ma noiose e povere di qualsiasi spinta creativa. In questi siti in nome dell'usabilità si delega a segni già codificati ciò che invece potrebbe essere prodotto originalmente.
Tutto ciò diventa particolarmente evidente se con il punto di vista dell'usabilità si passa a giudicare non solo l'architettura di un sito ma i suoi contenuti. In questo caso forse dovremmo parlare di leggibilità, ma fa lo stesso. Non solo nel capitolo che Jacob Nielsen dedica all'argomento, ma anche in alcuni libri e siti reperibili in the wild (ho in mente il sito e il libro Il mestiere di scrivere di Luisa Carrada; più condivisibile ciò che scrive Maurizio Boscarol sul suo Usabile.it) la parola d'ordine è semplificare. Semplificare la scrittura vuol dire anche semplificare il pensiero e semplificare il pensiero significa imboccare in modo del tutto inoffensivo (offendere, ossia colpire, stimolare) il nostro lettore. Si dirà, come anche Nielsen dice, che leggere su PC è defatigante e che l'attenzione cala mediamente del tot percento (il numero lo lascio alla bontà della prossima statistica), è però lecito chiedersi come mai le prime manifestazioni della rete al di fuori di Arpanet (la rete militare da cui nacque l'internet), quando ancora i monitor erano fosfori verdi su sfondo nero, furono di condivisioni di esperienze ben più complesse di un semplice articolo come questo, oppure, verrebbe da chiedersi, come mai le comunità virtuali come forum, mailing list, newsgroup ecc. rimangono uno dei posti più stimolanti dell'intero World Wide Web. Leggere è davvero così difficile?
Intendere la rete anche come un nuovo spazio culturale non significa, si badi, forzarne le finalità in nome di una concezione inutilmente elitaria. Gli strumenti telematici invece, in virtù della loro tendenza ad esaltare il valore comunicazionale di ogni media, sono il luogo migliore per esercitare nuove e diverse tipologie di espressione. Imbrigliare queste forme in griglie più o meno ferree e grigie significa non solo mortificarle ma anche disperderne il valore in nome di un concetto economicistico alieno, almeno per ora, alla rete e alle sue manifestazioni.
Ultima cosa. Internet è un mezzo che, nella parte occidentale della terra, si avvia a diventare un medium di massa, un mezzo che, diffuso da una parte e dall'altra della terra, porrà probabilmente le basi di una condivisione generale di modi e mezzi espressivi. Il linguaggio del Web, non solo quello verbale, è ancora lungi dal venire ma probabilmente verrà fondato su alcune basi che stanno trovando or ora le loro prime espressioni. L'usabilità, spaziando dalla grafica alla scrittura, dall'architettura alle scelte tecnologiche, è un concetto che sembra posto lì come un macigno ad indicarci la strada della semplicità e della facilità. Costruire il futuro linguaggio del Web su queste basi così minimaliste può essere una iattura di cui preoccuparci. Il minimo sforzo produce quasi sempre minimi risultati.
di Francesco-Saverio Caccavella
Tutti gli editoriali