La scorsa settimana abbiamo presentato un dossier sulle tecnologie Wireless per telefonini cellulari e una buona parte degli articoli era dedicata alle tecnologie Umts. Nel dossier abbiamo solamente accennato a quello che probabilmente molti utenti in Italia e negli altri paesi si stanno chiedendo: sarà vera gloria come annunciato?
In una recente intervista al Sole 24 Ore, Larry Ellison, fondatore di Oracle, stuzzicato sui recenti fallimenti delle dotcom, ha paragonato le aspettative che erano alla base dell'esplosione dell'e-commerce all'atmosfera che si respira oggi attorno alla cosiddetta telefonia di terza generazione: «Il 3G, che è una tecnologia fantastica e assolutamente promettente, sta creando aspettative troppo alte e il tutto è influenzato anche sul fronte della competitività a causa degli elevati prezzi delle licenze».
Probabilmente niente di più vero. Sull'Umts si stanno giocando enormi investimenti e creando imponenti aspettative. Sembra tuttavia che il suo previsto boom sia oramai acquisito come dato di fatto, quasi che l'Umts, e in genere la terza generazione di telefonini, sia l'ultimo tassello mancante della rivoluzione digitale. Fino a tre, quattro anni fa il digitale e la rete erano fenomeni sconosciuti ai più, ora è invece sembra che ci sia l'invidiabile necessità di portarli in tasca grazie ad un apparecchio poco più grande di un pacchetto di sigarette.
Almeno due sono gli interrogativi che i principali attori di questo fenomeno stanno piano piano focalizzando.
In primo luogo la questione finanziaria. Le aste Umts hanno prosciugato le casse degli operatori telefonici. Le aste in Germania e Inghilterra sono costate rispettivamente 98 mila miliardi e 75 mila miliardi, cifre astronomiche con cui si sarebbe potuto comprare non una semplice licenza ma un'intera compagnia telefonica tutto compreso (tutta Telecom Italia è costata alla cordata di Colaninno appunto 100 mila miliardi circa).
A ciò si aggiungano gli oneri che imporranno sia la costruzione di una rete Umts sia la realizzazione dei contenuti da immettere sui futuri, piccoli telefonini. La costruzione della rete, che naturalmente è del tutto incompatibile con l'infrastruttura GSM già esistente, costerà anch'essa, ad ognuna delle compagnie telefoniche, non meno di 15, 20 mila miliardi di lire, mentre l'introduzione di servizi che possano strappare gli utenti dal caro GSM devono prevedere partnership e collaborazioni che difficilmente potranno essere risolte a condizioni favorevoli: l'eccesso di domanda ne farà schizzare alle stelle i prezzi. Le borse europee iniziano a scontare queste incertezze proprio in questo periodo e da alcune settimane ormai anche i cosiddetti titoli telefonici, quelli legati alle compagni fornitrici di servizi di telefonia, stanno lasciando sul campo ingenti percentuali: le ripercussioni seguite al recente collocamento sul mercato francese della compagnia di cellulari Orange sono solo un esempio.
Il secondo interrogativo è rappresentato dai servizi da fornire. In questo caso non si tratta solamente di sborsare denaro per fornire contenuti, ma è necessario un supremo sforzo per tentare di metter su qualcosa che possa servire ad un'utenza generalizzata. In ballo ci sono molte e fantasiose prospettive. Nokia, ad esempio, ci informa che grazie all'Umts potremmo: «fare videoconferenza viaggiando in taxi, vedere spezzoni della nostra soap-opera preferita in treno, mandare immagini direttamente al nostro ufficio dal posto in cui ci troviamo, condividere la nostra vacanza in Marocco con gli amici». Insomma, qualsiasi esperienza "digitalizzabile" sarà a nostra completa disposizione.
Tastando il polso dei nostri manager la situazione ci appare un po' più confusa. In un'intervista rilasciata a Repubblica nel settembre 2000 Vittorio Colao, amministratore delegato di Omnitel, esprimeva in questi termini i servizi che viaggeranno sui terminali Umts: «sembra che tre siano le cose più richieste: musica, video-clip musicali e sportivi, servizi (tipo prenotazioni e pagamenti)», per poi tuttavia ammettere che quello che conta sono le esigenze e le necessità dell'utenza.
La Nortel Networks, in una slide raggiungibile sul sito di UMTSArea, informa che con l'Umts agiremo sulle informazioni, sui servizi di localizzazione, su quelli di messaggeria e sul cosiddetto m-commerce (Mobile Commerce: ossia tutti gli strumenti che possano favorire gli scambi commerciali grazie ai dispositivi portatili).
Valerio Zingarelli, direttore rete di Omnitel crede che «tra le applicazioni credo che quella che avrà il maggiore successo presso tutti gli utenti sarà la possibilità di gestire le immagini e le fotografie digitali. Qualcosa si potrà fare già con il Gprs, ma soprattutto sarà la killer application dellUmts. Chiunque potrà scattare una fotografia direttamente con lapposito telefonino e inviarla a un altro telefonino in tempo reale. Si tratta di una vera e propria rivoluzione».
Massimo Ciociola, fondatore di Wireless Solutions, in un'intervista a CWW: «L'esperienza - anche quella giapponese dell'i-mode - ci insegna che le killer application del Gprs saranno soprattutto quelle legate all'entertainment: l'utente vuole divertirsi, vuole chattare con il telefonino; ma saranno molto richiesti anche i servizi legati alla mobilità, quindi alla localizzazione, e quelli finanziari».
Di primi passi pratici solo
Andala (ora chiamata H3G), il consorzio italiano guidato dall'asiatica
Hutchinson Wampoa ha, sembra, stretto accordi di ferro con alcune squadre di serie A per fornire in tempo reale immagini delle loro partite.
Tuttavia la questione di cosa veicolare è decisamente più esplosiva: si dovranno far pagare i servizi, pur sapendo che una delle principali molle della diffusione delle tecnologie digitali è la gratuità del servizio? Si dovrà inseguire il modello del telefonino, puntando quindi sull'esasperazione delle relazioni su cui si basano ad esempio i servizi SMS e quelli voce, o il modello internet, ossia uno spazio di comunicazione in cui poter rendere interoperabile qualsiasi tipo di dato? E in quest'ultimo caso non mette paura la constatazione che il modello internet è già di difficile instaurazione con il suo principale strumento, ossia il Personal Computer? Si pensa davvero che il m-commerce possa prendere piede più e in modo più deciso dell'E-Commerce?
Tutti guardano all'I-Mode di NTT DoCoMo, un servizio che, più evoluto del WAP, in Giappone ha raggiunto 20 milioni di utenti con un ritmo di crescita impressionante per un paese che, come l'Italia, soffre un ritardo nella penetrazione delle tecnologie telematiche: Telecom Italia ha già siglato un accordo con il colosso asiatico e garantisce di portare anche da noi la terza generazione giapponese. Due interessanti articoli (I-Mode diaries su MforMobile.com e Lezione giapponese: le 8 regole doro
su Tuttowap.com) ne esaminano le modalità di esportazione: può, è la domanda che ci si pone, una stessa tecnologia abbracciare le esigenze di due sistemi sociali così diversi?
di Francesco-Saverio Caccavella
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