Una volta rilasciato il sito, diventa fondamentale effettuare serie misurazioni dei dati di accesso grazie alle quali poter intervenire per apportare correzioni e ottimizzazioni di vario genere.
Ma che cosa misurare, soprattutto con i software di Analytics?
Innanzitutto:
- sorgenti di traffico;
- visite;
- pagine viste;
- contenuti più consultati;
- pagine di ingresso;
- pagine di uscita.
Eppure, per quanto interessanti, questi dati potrebbero essere fuorvianti. Un buon metodo per verificare l’effettiva utilità dei contatti che arrivano al nostro sito è il seguente: misurare il tasso di conversione, cioè quante visite si tramutano in contatti.
Per i siti web che richiedono la registrazione di un account (Twitter o Facebook, per esempio) è il completamento del processo di iscrizione. Per i siti commerciali, potrebbe essere un modulo di contatto completato.
Il tasso di conversione è espresso in percentuale, la percentuale di coloro che visitando il sito compiono determinate azioni. I tassi di conversione non sono mai molto alti; per esempio, nel caso dell’e-commerce, un tasso di conversione del 3% è già molto alto. Nel caso delle campagne pubblicitarie online, un tasso di conversione dello 0,5% è da considerarsi normale, uno dell’1% è già alto.
Alcuni considerano un parametro interessante anche il cosiddetto tasso di rimbalzo (bounce rate), cioè quante persone in percentuale guardano una sola pagina del sito e poi se ne vanno, le famose single page visits. Nell’epoca del predominio delle ricerche Google, questo dato rischia di essere fuorviante, se preso come dato isolato. Google ormai porta gli utenti esattamente dove volevano andare, i siti web non si navigano quasi mai dalla homepage ai rami fino alle foglie, ma i visitatori arrivano direttamente alla foglia provenendo dai motori di ricerca. Se la foglia è interessante e il visitatore vi leggerà ciò che stava cercando, è molto probabile che se ne andrà, ma questo non necessariamente significa che vostro il sito ha qualcosa di sbagliato. In questo senso è molto più utile misurare il tempo di permanenza sul sito. Se il bounce rate è alto (per esempio sopra il 50%) ma il tempo di permanenza è anch’esso alto (dal minuto in poi) allora è molto probabile che i visitatori abbiano semplicemente trovato ciò che stavano cercando, ne abbiano fruito e se ne siano andati.
Nel caso di blog o siti che ricevono molte visite dai social network, un bounce rate del 60% può ancora essere considerato un dato positivo. Infatti, la maggior parte degli utenti provenienti dai siti social tende a ritornare immediatamente alla fonte da cui proviene, ma se si è soffermata sul contenuto per un tempo accettabile a fruirlo, significa comunque che l’obiettivo di comunicazione è stato centrato, anche in presenza di un alto bounce rate.
Infine, può essere utile anche stabilire delle pagine obiettivo, di solito sono quelle pagine che stanno prima della conversione: per esempio, una pagina con la presentazione di un prodotto e il modulo di richiesta informazioni (detta anche landing page) è quella che si trova immediatamente prima del modulo compilato (pagina di conversione). Il dato di accesso a questo pagina obiettivo, ci dice se le conversioni sono basse perché le persone una volta visitata la pagina, non si registrano o se, al contrario, questa pagina obiettivo è poco visitata, quindi a causa degli scarsi contatti non porta un buon tasso di conversione al sito.
Infine, è molto interessante analizzare quali sono le ricerche all’interno del sito, e che cosa fanno i visitatori dopo aver cercato. In questi casi è utile anche ripetere le ricerche più frequenti per capire quali risultati restituiscono, se sono pertinenti e completi.
Usando un software free come Google Analytics, ma ce ne sono molto altri simili, è possibile ricavare informazioni strategiche per queste attività online. Tra le funzionalità specifiche di Google Analytics, ricordiamo anche l’esistenza della funzione Site Overlay, o click del contenuto nella pagina, che consentono di capire quali sono le parti più cliccate.
Seo di base
Se non si dispone di un budget sufficiente a rivolgersi a una società specializzata nella visibilità sui motori, è possibile adottare comunque alcuni accorgimenti e evitare alcuni errori, il cui costo non incide sul livello complessivo del budget ma influisce positivamente sulla visibilità.
Errori da evitare:
- Non avere titoli di pagina
- Titoli troppo brevi o troppo lunghi
- Troppe keyword ripetute (possono classificare il contenuto come spam)
- Ripetere il nome dell'azienda in tutte le pagine
- Pagine con titoli duplicati
Buone pratiche:
- Url friendly
- Contenuti correlati
- Il grasetto al posto giusto: alcune parole chiave importanti vanno evidenziate in grassetto, ma non tutte le volte che compaiono
- Social bookmarking (che in Italia purtroppo non è così diffuso) al di fuori degli addetti ai lavori
- Newsletter: si possono poi trasmettere agli archivi di newsletter online, i link restano per diversi anni negli archivi
Per approfondire suggeriamo la lettura di queste guide di HTML.it: