Nonostante l'espansione e il grande successo dei social network, le piattaforme di blogging continuano a sopravvivere senza grandi intoppi. Fra le attività quotidiane di chi gestisce un sito basato su WordPress, si tratti di una piccola pagina personale o di un grande magazine, è cambiata però l'attitudine dei visitatori nei confronti degli utenti. Il primo dato che si rileva è come, in linea generale, oggi gli utenti tendano a commentare maggiormente le notizie dei blog sulle relative pagine social, ignorando largamente lo spazio per i commenti.
Allo stesso tempo, è cresciuto non solo lo spam, ma anche la fastidiosa attività dei troll oppure i flame non inerenti all'argomento trattato. In un simile scenario, vale la pena investire maggiormente sulla moderazione o, più semplicemente, disabilitare questa funzionalità?
Rispondere a questo quesito non è semplice, poiché sia l'abilitazione che la disabilitazione dei commenti presentano effetti positivi e negativi per il proprio blog, soprattutto in termini di SEO. Bisognerà quindi effettuare una scelta di opportunità, in base agli obiettivi prefissati: si desidera accrescere la community, il servizio informativo o entrambi?
Ragioni per eliminare i commenti
Così come già accennato, la sezione commenti sui portali WordPress sta diventando sempre meno rilevante, fatta forse eccezione per i grandi magazine e i gruppi editoriali dall'estesa utenza. Gli utenti preferiscono discuterne sui social network, dove l'interazione è certamente facilitata dal mezzo.
Ancora, si è modificato il tipo di interazione: è aumentato lo spam, comunque facilmente gestibile con plugin quali Askimet, ma anche la pubblicazione di flame da parte di troll, soprattutto su quei portali dedicati alla comunicazione politica o argomenti considerati in qualche modo controversi.
La prima motivazione che potrebbe spingere alla disabilitazione dei commenti riguarda i costi: per mantenere pagine pulite, e prive di link o discussioni che potrebbero risultare penalizzanti in termini di indicizzazione, serve aumentare gli investimenti sul fronte della moderazione. Una questione, questa, che non viene risolta nemmeno affidandosi a servizi di terze parti - come Disqus o l'embed dei commenti di Facebook - poiché si renderà spesso necessaria una supervisione.
La seconda, potrebbe riguardare le opportunità SEO. Sebbene Google e gli altri motori di ricerca non abbiano svelato nel dettaglio quale sia il contributo dei commenti in termini di indicizzazione, Neil Patel ipotizza non abbiano un grande effetto. Nel caso del suo portale, il popolare QuickSprout, effettivamente i commenti attirano un 16% delle ricerche da keyword sui motori di ricerca, ma questa evidenza varrebbe unicamente per quei siti dall'enorme portata di pubblico, con centinaia di commenti giornalieri. Se il proprio blog fosse di piccole dimensioni, di conseguenza, le attività di moderazione potrebbero causare più disturbo che ritorno.
Ragioni per mantenere i commenti
Vi sono, però, anche ottime ragioni per mantenere l'area commenti di WordPress attiva. Innanzitutto, soprattutto per quei blog che possono contare su un'utenza affezionata, si tratta di un irrinunciabile mezzo d'interazione. Si viene infatti a creare una community di fedelissimi, un fatto che non solo assicura un certo ritorno in pagine viste, ma anche in eventuali conversioni.
Se ben strutturate, le discussioni potrebbero incrementare la qualità totale dei post, rendendoli più appetibili ai visitatori di passaggio oppure ai navigatori causali.
In questo senso, Harsh Agrawal è giunto a una conclusione praticamente opposta rispetto a quella rilevata da Patel. L'esperto ha voluto ammodernare l'area commenti del suo popolare sito, ShoutMeLoud, eliminando i campi di base e sostituendoli con il servizio integrato in Google+.
Nell'arco di due giorni, ha rilevato un calo del 40% nel traffico dai motori di ricerca, giungendo quindi alla conclusione di come i commenti nativi - quindi senza il ricorso a plugin di terze parti - siano di maggiore aiuto per le attività SEO.