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Vade retro DiggBar

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La polemica pasquale sul web è stata sicuramente quella nata intorno alla trovata di Digg. Chi ha visitato il più popolare sito di social bookmarking del globo terraqueo in questi giorni, si sarà  accorto che: a) i link puntano ad un URL abbreviato con il servizio interno dello stesso Digg; b) la pagina linkata viene racchiusa in un frame e preceduta da una DiggBar con cui si possono fare tante cose social e 2.0, mentre a campeggiare nella barra degli indirizzi è l'URL abbreviato. Provare per credere.

Apriti cielo. Nel giro di poche ore si sono moltiplicate le soluzioni per bloccare in qualche modo la DiggBar. Poche righe di codice Javascript, un po' di PHP, un plugin per WordPress, l'immancabile script per Greasemonkey, etc.

Sembrerebbe, insomma, seguendo la linea di pensiero espressa da Tim Windsor, che la vicenda rappresenti l'ennesima conferma di come oggi il potere sia quasi sempre e tutto nelle mani degli utenti, di come simili esperimenti siano destinati a ritorcersi contro chi li mette in atto.

Un ragionamento così semplice quello di Windsor che viene da chiedersi: possibile che gli uomini di Digg non ci abbiano pensato? Impossibile. Evidentemente, penso io, nei loro calcoli per la gran parte publisher che beneficiano del traffico generato dal loro servizio il problema semplicemente non si pone, va bene così. Punto. Voi come vi ponete rispetto a questi strumenti e all'uso che viene fatto dei vostri contenuti?

P.S: Sui potenziali rischi in termini di indicizzazione dei contenuti filtrati dalla DiggBar da parte di Google vi rimando a questo post di Philipp Lenssen.

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