Lo scontro generazionale passa anche dai social network. E le parti sembrano essere invertite rispetto alla realtà di tutti i giorni, con i giovani che si dimostrano molto più responsabili nell'uso delle nuove tecnologie rispetto ai genitori e, molto spesso, anche ai loro nonni.
È quanto dimostrano diverse indagini condotte sul comportamento online di due delle generazioni più discusse di sempre: i Baby Boomers, coloro che sono cresciuti nel boom economico del Dopoguerra e ora hanno raggiunto la fase della meritata pensione, e i Millennials, ovvero i nati tra gli anni '80 e '90.
Ma quali sono le ragioni che sollevano le proteste dei Millennials e, soprattutto, quali gli investimenti da fare in direzione dei Baby Boomers?
Millennials all'attacco
Così come dimostrano diverse analisi giornalistiche condotte negli ultimi anni - ultimo in ordine tempo un pezzo del New York Post, ma le fonti sono davvero ricchissime - sempre più Millennials si lamentano del comportamento online dei Baby Boomers. Tanto non solo da organizzare gruppi tematici proprio sulle piattaforme social - alcuni goliardici, altri ben più seri - ma anche a chiedere un intervento diretto delle istituzioni. Sia sul fronte formativo, per insegnare agli over 55 il corretto utilizzo delle nuove tecnologie, sia repressivo per quei gesti che i trentenni d'oggi considerano abusivi.
Ma quali sono i comportamenti che i Millennials proprio non digeriscono nei loro progenitori, quando questi ultimi appaiono online? Primo fra tutti, la condivisione compulsiva di bufale: i Baby Boomers sembrano infatti essere meno inclini alla verifica dell'affidabilità delle notizie e, rispetto ai ben più diffidenti trentenni, tendono a considerare come assodata qualsiasi news appaia sulla loro bacheca.
La realtà, tuttavia, sembra essere più complessa rispetto alle accuse: uno studio condotto da YouGov nel 2018, infatti, dimostra come il 41% degli utenti tra i 18 e i 34 anni e il 44% degli over 65 cadano nella trappola delle fake news. Di conseguenza, almeno sul fronte dell'identificazione delle fonti, le performance tra Millennials e Baby Boomers sembrano essere pressoché identiche. Quello che cambia, però, è l'uso.
I Millennials tendono più a usare i social come un mezzo comunicativo o di espressione personale, più che informativo, e condividono fake news con meno frequenza. Di conseguenza, pur cascando nella falsa informazione, contribuiscono in modo minore alla sua diffusione. I Baby Boomers, invece, sembrano essere più inclini alla pressione compulsiva del tasto "condividi" - il 19% in più rispetto a qualsiasi altra fascia d'età - e risultano maggiormente investiti dal problema della echo chamber.
Oltre alla condivisione di bufale, i Millennials lamentano spesso la violazione della privacy altrui - ad esempio con la pubblicazione di fotografie o aneddoti del passato relativi ad amici e parenti - e la tendenza a litigare con più facilità nei commenti pubblici. Per contro, i Baby Boomers condannano l'egocentrismo e la vanità delle nuove generazioni, in particolare con la pubblicazione costante di selfie e video.
Baby Boomers: la vera sfida dell'era digitale?
È innegabile: collegandosi alle principali piattaforme social - in particolare Facebook, la preferita dagli over '55 - la presenza di Baby Boomers è davvero abbondante. D'altronde, rappresentano a oggi la fascia d'età che più spende tempo su questi servizi: questa generazione passa infatti ben 27 ore la settimana sui social, ben due ore in più rispetto a gli utilizzatori di età compresa tra i 16 e i 34 anni. Una presenza che rappresenta una sfida, sia d'investimento che di digitalizzazione consapevole.
Sul fronte commerciale, marketing e advertising potrebbero aver sottovalutato la portata della presenza dei Baby Boomers sui social network, considerando come la maggior parte delle loro campagne sia orientata a Millennials e Gen Z. Un bacino praticamente inesplorato di possibili clienti a cui proporre servizi personalizzati.
Non si può inoltre negare che effettivamente i Baby Boomers si lancino in comportamenti online poco responsabili - forse non così drammatici come vengono descritti dai trentenni, ma di certo da migliorare - e serve quindi una nuova informatizzazione. Mentre i Millennials sono cresciuti con l'arrivo di Internet e hanno assimilato in modo naturale le basi del suo funzionamento e dell'interazione in rete, per gli over '60 si è trattato di un avvicinamento non solo tardivo, ma soprattutto improvviso: l'apparizione dei social network, e l'arrivo degli smartphone, li hanno costretti ad apprendere con troppa fretta. Una rapidità che ha forse determinato la mancata comprensione dei meccanismi per verificare l'affidabilità di una notizia, la netiquette, le norme per il rispetto della privacy reciproca e molto altro ancora.
Investire sulla loro formazione, di conseguenza, potrebbe risultare non solo essenziale, ma anche stimolante ed economicamente proficuo.