Proprio in questi giorni a Wellington, in Nuova Zelanda, si sta tenendo l´annuale conferenza Linux.conf.au, e gli spunti di riflessione proposti sono diversi. Tra questi desta molto interesse quello analizzato da Angus Kidman di APC, riguardante una discussione tenuta dal fondatore di Lwn.net, noto portale di news riguardanti il mondo Linux.
Stando ad un´analisi sui dati relativi alle righe di codice inserite nei sorgenti del Kernel Linux dal dicembre 2008 al gennaio 2010, infatti, ben il 75% di esse proviene da sviluppatori assunti da aziende, e dunque pagati a tale scopo.
Dati alla mano, ben il 12% dei contributi proviene da Red Hat, l´8% da Intel, il 3% da Oracle, mentre Novell e IBM contribuiscono ciascuna con il 6%. Il tutto ha ovviamente comportato un netto miglioramento del Kernel Linux, ora in grado di offrire un supporto hardware e una stabilità notevolmente superiori rispetto al passo.
Passando all´altro lato della medaglia, però, c´è da evidenziare come questa linea di condotta abbia fatto perdere un po´ quelle che era la filosofia alla base di Linux, per antonomasia un progetto portato avanti da volontari disposti a mette a disposizione della comunità le proprie conoscenze e il proprio tempo.
Del resto, non è solo il Kernel Linux ad aver ricevuto un importante contributo dalle aziende: non è un caso che la distribuzione attualmente più diffusa, Ubuntu, abbia dietro un colosso come Canonical. Fondamentale è anche l´apporto al mondo Linux delle già citate Red Hat e Novell, da tempo coinvolte in progetti Open Source di diversa natura.
Distribuzioni come Debian, da sempre portata avanti solo ed esclusivamente da volontari, stentano a tenere il passo di distro come Fedora, OpenSUSE, o la stessa Ubuntu. Probabilmente il futuro di Linux è proprio questo, anche se i più attenti all´aspetto ideologico e filosofico probabilmente storceranno il naso.