Ci sarebbe da essere allegri, felici e orgogliosi: Google entra nel mercato della telefonia mobile presentando Android, un sistema operativo per smartphone completamente open source, basato ovviamente su Linux. Contemporaneamente è stata presentata anche la Open Handset Alliance. Quale migliore occasione di giubilo? Eppure c´è qualcosa che non va.
La licenza ecco cosa non va. Google ha scelto come licenza la seconda versione della Apache License, molto meno restrittiva della GPL.
Nel caso della GPL se un software contiene del codice rilasciato sotto la licenza ufficiale GNU, questo software deve essere a sua volta rilasciato sotto GPL. Da qui l´appellativo di licenza virale che Microsoft ha coniato per identificare questo scomodo obbligo.
La Apache v2, invece, è molto più Commercial Friendly. Semplificando al massimo, l´unico obbligo vero resta quello di dichiarare che all´interno del software c´è del codice precedentemente rilasciato sotto la licenza Apache. Questo significa che chiunque può usare del codice rilasciato sotto tale licenza senza per questo dover aprire i sorgenti: è sufficiente riportare le note di copyright (autori e così via) del codice utilizzato.
Ovviamente Google non potrà rilasciare tutto il progetto sotto questa licenza. Buona parte del software che verrà utilizzato è licenziato come GPL e, nello specifico, Linux è rilasciato sotto la seconda versione della Gnu Public License. Sotto la licenza Apache, quindi, dovrebbe ricadere la parte relativa all´interfaccia e allo stack di telefonia. Questo permetterebbe ai produttori e ai carrier di modificare a piacimento almeno una parte del sistema senza avere il timore di dover aprire le loro tecnologie.
Insomma, una Open Handset Alliance che è aperta solo in un senso, e un do ut des che si è ancora una volta inceppato. Di certo Android rappresenta qualcosa di molto meglio delle chiusure totali del Cupertino di turno che tratta i suoi utenti come fossero criminali, ma a me viene ancora di tifare OpenMoko.