All'inizio degli anni '90 vedevano la luce i primi siti Web dedicati al commercio elettronico e il mondo faceva il primo passo verso i sistemi di pagamento completamente digitali. L'ecosistema degli e-commerce è oggi florido e praticamente tutti i maggiori brand hanno il proprio store digitale o vendono i propri prodotti sui negozi online più popolari.
Tuttavia non tutti vedono l'e-commerce come un modello di successo. Ad esempio per Rob LoCascio, fondatore e CEO di LivePerson che è l'azienda che ha creato il concetto di chat e pop-up di supporto, l'intero settore è di per se un fallimento. Questo perché esisterebbero due problemi che hanno impedito il suo vero successo, ovvero: l'HTML e Google.
L'HTML è nato per catalogare e visualizzare l'esperienza umana e il suo sapere in forma digitale, in modo simile a quanto accade con una libreria. Ma gli store online non sono librerie e riuscire a far combaciare la natura dei negozi con il linguaggio HTML non è semplice, ecco perché spesso gli store dei vari brand sono confusionari e inutilmente complessi.
Un cliente infatti non cerca un catalogo ma molto più spesso vuole semplicemente delle risposte ai sui dubbi, così da poter acquistare quello che realmente gli serve. Dunque forzarlo a cercare il prodotto dentro un immenso catalogo è deleterio, ecco perché il settore del customer care sì è sviluppato così tanto negli ultimi decenni. Le aziende di e-commerce spendono infatti miliardi di dollari per l'assistenza clienti, perché spesso la via più semplice per trovare qualcosa dentro gli store online è chiamare un call center oppure aprire una chat di assistenza.
Possiamo adesso al secondo grosso problema dell'e-commerce: Google. Prima della nascita del famoso motore di ricerca ogni store online cercava di differenziarsi dagli altri, così da offrire qualcosa di particolare al proprio cliente. Ovviamente questo rendeva difficile la navigazione visto che non esistevano standard che i browser potessero adottare. Con l'arrivo di Google le cose sono cambiate, l'azienda di Mountain View iniziò infatti a dettare i prodotti standard e anche oggi, se si vuole comparire tra i risultati delle ricerche, bisogna attenersi a tali specifiche.
Questo, per LoCascio, ha fatto in modo che i vari store online si uniformassero offrendo praticamente la medesima esperienza per ogni utente, senza differenziarsi e "appiattendosi". Di base il modello di indicizzazione dei contenuti più ricercati va bene per le notizie, o per il sapere in generale, ma non vale lo stesso per i prodotti commerciali dove spesso non si sa bene cosa cercare né dove trovarli.
Per LoCascio il futuro dell'e-commerce sta in quello che lui chiama "conversational commerce" ovvero una serie di interazioni vocali, o tramite messaggi di testo, con dei bot animati da intelligenze artificiali. Non sarà più il cliente a dover sfogliare i cataloghi alla ricerca di quello che gli serve, le intelligenze artificiali lo faranno al suo posto sulla base di una serie di interazioni con l'utente. LoCascio azzarda anche una previsione: secondo le sue stime dal 2018 in poi i maggiori brand mondiali inizieranno a chiudere i loro store online per implementare soluzioni di conversational commerce.
Via Rob LoCascio