La scorsa settimana, presso il Palace of Fine Arts, ha avuto luogo a San Francisco l'Open Core Summit. Un evento che ha riunito diverse compagnie che sviluppano software open source. Buona parte dei talk tenuti durante l'evento si sono focalizzati sul futuro del settore e sul rapporto che dovrebbero avere le piccole compagnie tech con le più importanti aziende del Cloud che basano il proprio business sul modello SaaS (Software as a Service).
Compagnie come Amazon, Google e Microsoft "rivendono" di fatto software open source sotto forma di servizi cloud based. Questo è possibile perché diverse licenze libere e aperte, come ad esempio la Apache 2.0, non prevedono nessuna forma di compensazione economica per i creatori del codice.
Tuttavia i grandi colossi tech contribuiscono molto spesso in prima persona ai progetti che scelgono di includere nel proprio ventaglio di offerte cloud. Ad esempio Redmond fa parte della Linux Foundation. Inoltre può capitare che tali compagnie integrino direttamente nel proprio organigramma i creatori di un determinato software o servizio.
In linea generale è però molto raro che le aziende che si occupano di creare e mantenere del codice open source ricevano dei compensi economici da parte del società di cloud computing. Per arginare gli effetti di questo fenomeno alcuni team di sviluppo hanno deciso di imporre l'acquisto di una licenza commerciale per poter sfruttare il proprio software in ambito enterprise.
Questa tipologia di licenza non avrebbe però risolto il problema descritto in precedenza, aziende come Amazon hanno iniziato a creare dei progetti indipendenti, come ad esempio DocumentDB, con lo scopo di sostituire i software open source che necessitano di una licenza commerciale per essere usati nei sistemi cloud aziendali.
Si tratta dunque di una questione già nota da tempo agli addetti del settore, ma per il momento sembrerebbe che nessun azienda sia riuscita a trovare una soluzione definitiva e sostenibile per tutta l'industria tech.
Via TheRegister