Un interessante report di LinuxPlanet ci fa rivolgere l´attenzione verso una questione che esula dagli aspetti filosofici legati al Software Libero, ma che pone interrogativi molto pragmatici: nel mondo del lavoro, quanto può pesare una certificazione in ambito Linux? La domanda è stata posta ad alcuni manager e professionisti che lavorano nel settore.
Un primo spunto di riflessione riguarda la scelta della certificazione, che in un ambiente così sfaccettato non è poi banale, anche se a quanto sembra, emergono chiaramente i nomi più noti, ossia le certificazioni offerte da Red Hat e Novell, oltre a quella del Linux Professional Institute. Tra i vari intervistati il parere non è unanime, ma sembra esserci una certa preferenza verso Red Hat. Alcuni addirittura definiscono le altre come "rumore di fondo", per cui inutili ai fini della scelta di un candidato.
Praticamente tutti sono comunque concordi con il fatto che le certificazioni sono un aspetto secondario nel curriculum, preferendo investigare sulle effettive capacità e sulle precedenti esperienze dei candidati. Un dubbio legittimo riguarda però il passaggio intermedio attraverso un Ufficio Risorse Umane: in questa sede, una certificazione rischia di avere un peso superiore rispetto alle proprie conoscenze e competenze, soprattutto per chi non ha una lunga e comprovata esperienza.
La risposta finale sembra quindi essere, in sintesi, la seguente: una certificazione è sicuramente utile, ma il suo contributo ad una carriera diminuisce con l´aumentare dell´esperienza. La domanda successiva però è già pronta: quest´ultima risposta vale anche in Italia? Nel nostro paese, quanto sono conosciute e, soprattutto, quanto sono richieste le certificazioni descritte nell´articolo?