Sembra essere un periodo di grande fermento questo per il mondo che orbita attorno al software libero e all'OpenSource. Novell, dopo aver acquistato Ximian compra anche SuSE, diventando così di fatto uno dei protagonisti dell'OpenSouce a livello mondiale. Ma di questo avremo modo di parlare venerdì.
Oggi, invece, è la volta di Red Hat, che ha annunciato che a partire dal 31 Dicembre 2003 non supporterà più le versioni della propria Red Hat Linux fino alla 9 esclusa, che verrà "mantenuta" fino al 30 Aprile 2004. Tutto sommato non è una notizia che meraviglia più di tanto, visto che Red Hat aveva già annunciato che il supporto per ogni versione sarebbe durato al massimo un'anno.
Quel che sorprende è però l'evidente cambiamento delle strategie di marketing da parte di Red Hat. Sospendere il supporto di una release della propria distribuzione di per sé non è stato un problema fino ad ora: bastava infatti aggiornarsi all'ultima distribuzione e spendere pochi dollari per un abbonamento al servizio di Red Hat Network. Ora questo non sarà più possibile semplicemente perché Red Hat ha annunciato che non rilascerà più nuove versioni "ufficiali" della propria distribuzione "Red Hat Linux". Red Hat punterà tutto sulla versione Enterprise, chiamata appunto Red Hat Enterprise Linux, già giunta alla versione 3. Questo significa che chi vorrà utilizzare una versione ufficiale di Red Hat, con il relativo supporto, dovrà necessariamente utilizzare questa soluzione. Ufficiale appunto.
Red Hat infatti sponsorizzerà anche Fedora, che ha l'aspirazione di diventare la nuova distribuzione per gli utenti che non sono disposti ad acquistare un pacchetto ufficiale di Red Hat. Per far questo la speranza della società dal cappello rosso è quello di riuscire a creare una comunità di supporto in grado di costruire e mantenere una distribuzione, probabilmente sullo stile di Debian. In questo modo Red Hat ha la possibilità di "sfruttare" una comunità di volontari, senza dover dedicare le risorse spese fino adesso nello sviluppo della propria distribuzione, prendendo di volta in volta quello che ritiene opportuno per integrarlo nella propria distribuzione enterprise.
Esempio che ricorda StarOffice, il cui codice fu aperto da SUN per lo sviluppo di OpenOffice, il quale viene integrato con strumenti della società di Santa Clara per realizzare la suite per ufficio commerciale. La situazione è però molto differente: innanzitutto, il codice di Red Hat è già sotto licenza GPL, non si tratta quindi di un'apertura come quella che fu per StarOffice. Inoltre StarOffice era praticamente l'unica suite di alto livello disponibile sotto GNU/Linux e per di più multipiattaforma, cosa di non poco conto.
Red Hat punta quindi a sfruttare (nel senso buono del termine) il proprio marchio, cercando di puntare su chi è in grado di darle il guadagno reale, cioè le imprese. Le dichiarazioni del CEO di Red Hat, Matthew Szulik, infatti parlano chiaro: per lui Linux è ancora un passo indietro rispetto a Windows per l'utenza domestica; bisognerà aspettare ancora un paio d'anni perché Linux maturi a tal punto da poter essere utilizzato nelle case di tutti: per ora la scelta migliore per loro resta Windows.
Parole che non ci saremmo mai aspettati di sentire da un dirigente di una società che basa il suo business sulla crescente diffusione di GNU/Linux. Ma proprio questo dimostra come l'adozione di software libero vada a discapito degli altri UNIX, senza intaccare il predominio di Microsoft.
Probabilmente per l'utente comune non cambierà molto la situazione: chi ha usato fino ad ora Red Hat Linux, magari scaricandosela liberamente dalla Rete, probabilmente troverà naturale utilizzare Fedora, che consentirà di dare ai propri utenti una maggiore incisività sullo sviluppo della distribuzione, con la speranza di poter contare su una comunità disposta a fornire supporto. Red Hat dal canto suo ha la possibilità di scaricare in gran parte l'onere dello sviluppo a una comunità di volontari, concentrandosi in questo modo sulle aziende, vera fonte di guadagno.