La domanda cui cercheremo di rispondere in questo articolo è: "È conveniente fare brand online?". Si tratta, come è facile immaginare, di una questione molto complicata. Molti potrebbero rispondere affermativamente senza alcun dubbio e per un motivo molto semplice: se tante società, anche della cosiddetta old economy, fanno pubblicità online, allora di certo conviene. Questa frase contiene due presupposti che sono dati per scontati, ma senza una ragione ben precisa.
In primis, si afferma che molte società fanno pubblicità online. Ma è davvero così? Se guardiamo al mercato dell'Italia, potremmo dire che è vero proprio il contrario. Sono ancora molto poche le società che investono in pubblicità online. È sufficiente memorizzare qualche campagna che passa abitualmente alla TV o alla radio e verificare quanti di quei marchi siano pubblicizzati anche su Internet. Senza darsi arie di ricercatori di mercato e senza pretendere alcuna scientificità, è evidente che ben poche società dedicano a Internet un'attenzione anche solo paragonabile a quella che dedicano ai "tradizionali" strumenti di marketing.
La seconda affermazione è che se molti lo fanno, allora vuol dire che funziona. Abbiamo già detto che non è vero che molti lo fanno, ma se anche così fosse, questa affermazione non sarebbe vera. I direttori marketing non sono di certo infallibili e di fatto commettono molti errori di valutazione.
Cerchiamo di vedere la questione da un altro punto di vista: il fatto che non siano molte le società che fanno pubblicità online è motivato proprio dalla "paura di sbagliare" degli investitori. Fare pubblicità con i mezzi tradizionali comporta investimenti minimi senza dubbio più forti che nel Web, ma si pensa che siano investimenti più "sicuri". La letteratura in merito alla pubblicità in TV o alla radio è vastissima e si ha perciò l'impressione di non potere sbagliare facilmente. Questo è in parte vero, ma altrettanto vero è che se nessuno comincia a investire seriamente in Internet, allora non ci sarà mai questa vasta letteratura sull'argomento e si creerà così un circolo vizioso difficilmente superabile.
Quello che potrebbe fare un direttore marketing leggermente "audace" è di osservare il nostro possibile futuro e in Internet è molto facile: gli USA sono, nel bene e nel male, il nostro futuro, almeno per quel che riguarda il campo della pubblicità, in cui possiamo dire senza ombra di dubbio che siano 'avanti' a noi di qualche anno.
Gli Usa come Benchmark
Qual è la situazione negli USA? Sono molte le società che fanno pubblicità online? Ci sono degli studi che dimostrano che funziona?
Information Resources Inc. e DoubleClick Inc. hanno affermato tempo fa che la pubblicità online influisce positivamente sulla percezione del marchio pubblicizzato e aumenta le vendite offline (cioè non attraverso il Web) del 6.6%.
Uno studio di Internet Advertising Effectiveness (Efficacia della pubblicità in Rete) ha esaminato l'impatto della pubblicità online sul comportamento della clientela potenziale. Lo studio ha rilevato che l'incremento di vendite dovuto alla pubblicità in Internet è equiparabile a quello ottenuto attraverso TV, radio e carta stampata.
"Non solo questa ricerca ha dissipato la convinzione che le persone ignorano i banner pubblicitari, essa ha dimostrato che la pubblicità online può essere veramente efficace per la vendita di prodotti di largo consumo.", ha detto Brian Murphy, vice presidente di IRI. "Questa ricerca dovrebbe spostare il dibattito dalla questione se 'funziona' a quella 'come possiamo massimizzare l'impatto e la ROI (Return On Investment) della pubblicità online all'interno di un classico marketing mix?".
La ricerca in questione è stata condotta su otto marchi di quattro società. Metà dei marchi hanno raggiunto incrementi di Brand Awareness statisticamente significativi, dall'1.8% al 23.9%.
Gli studi sull'argomento si stanno moltiplicando negli USA. La ARF (Advertising Research Foundation), la IAB (Interactive Advertising Bureau) e MSN hanno annunciato i risultati di una ricerca che sottolinea l'importanza della pubblicità online. Lo studio è durato più di un anno e ha preso in esame la reale efficacia della sinergia tra pubblicità online e tradizionale. La ricerca ha rivelato che l'inserimento del canale Web in un tradizionale marketing mix può aumentare in maniera significativa l'efficacia di un'intera campagna.
La LEGO: un esempio concreto
Nell'ultimo quarto del 2001 la LEGO decise di aumentare la propria brand awareness con gli strumenti dell'online marketing. Il budget a disposizione era del 30% inferiore a quello dell'anno passato, il che era compensato, solo in parte, dal fatto che i prezzi della pubblicità fossero calati rispetto all'anno precedente.
Quali furono i criteri di LEGO per la propria campagna online?
- I visitatori dei siti su cui pubblicizzare erano "in target"?
- I siti selezionati su cui pubblicizzare disponevano di traffico sufficiente per raggiungere la necessaria "massa critica"?
- I siti in oggetto avevano dato buoni risultati in passato?
- I siti in oggetto erano sufficientemente flessibili (non solo in termini di trattativa commerciale) per quel che concerneva la grafica e la tecnologia?
Dopo avere scelto i siti-partner, la LEGO scelse un approccio "triplice" per la propria campagna di Natale, modulata secondo diversi target.
Bambini
Sebbene i bambini non possano (in linea di massima) comprare direttamente online, essi influenzano notevolmente i propri genitori. La LEGO costruì quindi parte della campagna incentrandola su un target di bambini di età inferiore ai 14 anni. La creatività di questa campagna era focalizzata sulla dimensione ludica che i bambini potevano intrattenere con parti del sito realizzati in collaborazione con CartoonNetwork.com, Nickelodeon Online, Disney, FoxKids.com, Warner Bros, etc..
Genitori
La campagna della LEGO cominciò a rivolgersi anche ai genitori nel Novembre del 2001, quando generalmente si comincia a pensare ai regali di Natale. Questa campagna fu lanciata anche su portali generalmente rivolti ai bambini - come il sito della Disney - ma dove spesso navigano anche i genitori insieme ai propri figli. La creatività era comunque decisamente incentrata su un target di adulti. Le differenze tra la creatività dedicata ai bambini e quella dedicata agli adulti erano lievi ma importanti: colori differenti, diversa animazione e diversi messaggi.
I risultati della campagna LEGO furono certamente positivi: + 236% di vendite rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Brand contro vendita?
Già alla fine dell'anno 2000, uno studio dell'autorevolissima IAB (Internet Advertising Bureau) dimostrava come Internet fosse un ottimo strumento per quel che riguarda la creazione o il rafforzamento di un brand.
Questo studio, in sostanza, dimostrava come Internet si stesse decisamente avvicinando ai classici strumenti pubblicitari (radio, TV, giornali). Una campagna via Web non veniva più giudicata per le vendite 'dirette' che portava (di un servizio o un prodotto a disposizione online), ma per la capacità di diffondere un marchio.
Più del 70% dei direttori marketing intervistati ha dichiarato di utilizzare il Web per rafforzare il proprio marchio, integrando la campagna marketing in un classico mix di strumenti pubblicitari. Solo il 46% ha dichiarato di sfruttare la Rete principalmente per vendere direttamente online prodotti e servizi.
Quello che stiamo cercando di dimostrare è che la pubblicità in Internet non deve essere
intesa solo come veicolo per vendere "direttamente e immediatamente" prodotti o servizi. Dunque, che è possibile anche "fare brand" con la Rete. Ma che cosa significa poi "fare brand"? Di fatto, lo scopo di un'azienda è quello di vendere. "Fare brand" significa aumentare la possibilità di vendita.
Abbiamo dunque impostato il discorso in maniera errata? No. Quando trattammo del "problema" dei banner, ovvero della supposta "morte", affermammo che era scorretto valutare l'efficacia di un banner soltanto dai click ottenuti o dalle vendite "dirette" ottenute dall'accesso di potenziali clienti al sito pubblicizzato. L'esempio utilizzato era questo: Se un taxi pubblicizza (con scritte adesive o altro) un negozio in centro città non è detto che la campagna pubblicitaria sia un fallimento se una persona non sale sul taxi e non si reca direttamente al negozio a comprare. Non è così semplice.
Purtroppo, lo strumento Internet è stato interpretato in maniera troppo differente dai classici media pubblicitari. La sua misurabilità "totale" ha fatto sì che, per molto tempo, una campagna marketing online si misurasse soltanto attraverso i suoi risultati "immediati". Analisi di questo tipo sono abbastanza semplici da fare, ma di fatto non sono sufficienti. Calcolare la ROI (Return on Investment) in questa maniera rischia di condurre a conclusioni errate.
Il fatto è che, per un direttore di marketing, è molto più complesso calcolare l'efficacia di una campagna utilizzando anche altri strumenti, come le ricerche di mercato che, notoriamente, non sono facili da analizzare e sono molto costose.
Più analisi dopo la campagna
Può allora capitare che una campagna online che di fatto ha avuto successo venga considerata fallimentare solo perché fallimentare è stata l'analisi dei risultati. D'altro canto, l'esperienza degli Statunitensi deve essere uno sprone, anche per gli Italiani, a investire maggiormente nella pubblicità online cercando di evitare analisi troppo semplicistiche e incomplete.