Fino ad appena tre anni fa, chi sognava diventare giornalista ed andava a chiedere i consigli di qualche esperto del settore, doveva abituarsi ad ascoltare discorsi apocalittici: i giornali sono pochi, gli aspiranti giornalisti troppi, le file dei collaboratori saltuari si ingrossano sempre di più. Insomma, un dramma.
Poi è arrivato Internet e le cose, per fortuna, sono cambiate. La Rete ha dato nuova linfa all'editoria, smentendo le previsioni di quelli che vedevano nel nuovo medium la tomba della carta stampata. Grazie ad Internet, le iniziative editoriali si moltiplicano fornendo a tanti aspiranti giornalisti la possibilità di realizzare il proprio sogno.
D'altra parte, anche il Web deve fare i conti con le leggi e, soprattutto, con le arretratezze italiane. Nel nostro paese, pubblicare degli articoli non significa automaticamente potersi considerare giornalisti. Secondo la legge n.69 del 1963 sull'Ordine dei Giornalisti, infatti, "nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'Albo professionale" (Art. 45).
Cosa vuol dire questo in pratica? Vuol dire che, per ottenere il riconoscimento professionale e gli annessi diritti, è necessario che il proprio nome compaia in uno dei due elenchi di cui si compone l'Albo: quello dei professionisti e quello dei pubblicisti. Per arrivare a questo risultato la strada è ardua, in una certa misura oscura, ma di certo non impossibile. Vediamo di fare chiarezza.
Giornalista professionista è colui che esercita "in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista". Quindi, per essere inseriti nell'elenco dei professionisti, bisogna avere i seguenti requisiti:
- età non inferiore ai 21 anni
- iscrizione al registro dei praticanti
- esercizio continuativo della pratica giornalistica per almeno 18 mesi
- superamento di una prova di idoneità
Ora, secondo il Contratto nazionale di lavoro giornalistico, i praticanti hanno diritto ad un compenso minimo mensile che è di 573,42 euro per i primi 12 mesi e di 930,14 euro per i mesi successivi. Un onere economico che sempre meno redazioni possono o vogliono permettersi. Ecco perché pochi riescono ancora a diventare professionisti (magari frequentando una delle scuole riconosciute dall'Ordine), mentre cresce il numero dei pubblicisti.
È giornalista pubblicista colui il quale svolga "attività giornalistica non occasionale e retribuita". Per iscriversi all'elenco dei pubblicisti occorre:
- aver pubblicato con regolarità per almeno due anni
- presentare i giornali sui quali sono apparsi i propri articoli
- presentare i certificati dei direttori di queste pubblicazioni che comprovino l'attività biennale regolarmente retribuita
Nella realtà le cose non sono tanto semplici e lineari, ed occorrono alcune precisazioni:
- L'OdG è suddiviso in vari consigli regionali ed ogni consiglio ha la libertà di interpretare a proprio piacimento cosa intendere per "attività pubblicistica regolarmente retribuita". Alcuni lo fanno alla lettera, quindi si accontentano di un paio di articoli mensili. Altri richiedono da un minimo di 20 ad un massimo di 80 articoli in due anni. Alcuni variano le proprie richieste a seconda che si collabori con un mensile piuttosto che con un quotidiano, altri no. Per sapere come regolarvi, dovete contattare (via Internet o telefonicamente) il consiglio della vostra regione.
- Per la legge sulla Stampa n.47 del 1948, "nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del Tribunale". Di conseguenza, nessun consiglio regionale riconoscerà come validi gli articoli pubblicati su un giornale non registrato. Questo aspetto è diventato particolarmente importante con l'avvento di Internet e la nascita di numerose pubblicazioni telematiche di carattere non professionale. Ancora oggi, non tutti i tribunali italiani consentono la registrazione delle testate telematiche. Inoltre, per potersi registrare, un giornale deve avere un direttore responsabile che sia a sua volta un giornalista iscritto all'albo. Per cui, se il vostro obiettivo è diventare pubblicisti, accertatevi che il giornale per il quale scrivete sia regolarmente registrato.
- La retribuzione delle collaborazioni è fissata in 23 euro per ogni notizia ed in 83 euro per ogni articolo pubblicati su un sito con più di 150 mila visitatori mensili. Se i visitatori sono meno, i compensi scendono a 21 euro per notizia e a 55 euro per articolo. Quindi, per ogni collaborazione si dovrebbero ricevere almeno 21 euro (meno il 20% di ritenuta d'acconto). Alcuni consigli regionali, però, considerano sufficiente anche il 10 percento di questa cifra, cioè 2,1 euro a pezzo. Non solo: è una pratica abbastanza diffusa quella per la quale è lo stesso collaboratore a pagarsi la ritenuta d'acconto, senza ricevere alcun compenso reale.
Tutto questo per quanto riguarda l'Italia. Ma uno dei pregi di Internet è quello di abbattere le distanze territoriali e di fornire l'opportunità di trovarsi un impiego oltre confine. Quasi tutti i maggiori giornali del pianeta pubblicano sul proprio sito le writers' guidelines, le linee guida che deve seguire chi voglia sottoporre un articolo al vaglio della redazione. Una manna per chi tenta la carriera di giornalista freelance. Requisito essenziale per cimentarsi nell'impresa è, naturalmente, la conoscenza dell'inglese, in particolare dell'inglese giornalistico.
Internet fornisce numerose risorse in questo senso: l'Università di California mette a disposizione il suo UCI Style Manual, una guida di stile giornalistico basata, tra l'altro, sulla celebre Associated Press Styleguide. Eleanor Novek, professoressa di comunicazione alla Monmouth University, pubblica le sue dispense sul giornalismo online.
Arthur Goldstuck, autore di un libro dal titolo significativo ("Fare soldi con il giornalismo freelance in Sudafrica"), accoglie i visitatori del proprio sito con un incoraggiamento: "Non bisogna essere pazzi per diventare giornalisti freelance" e suggerisce numerosi link per chi voglia intraprendere questa strada. Altrettanto fa il sito Online-Journalist.com.
Da segnalare, infine, la presenza di numerose Job bank dedicate al giornalismo (naturalmente tutte il lingua inglese). Tra le altre, JournalismJobs.com, J-Jobs] dell'UC Berkeley, Editor&Publisher e AJR NewsLink. Qualcosa di simile fanno, in Italia, Immedia, Infocity ed Il Barbiere della Sera.
Come si vede, il nostro paese tiene molto lentamente il passo dell'innovazione mediatica. Eppure qualcosa si muove, malgrado i pantani legislativi, le lungaggini burocratiche, le prerogative e gli arroccamenti delle varie "caste". Forse la Rete non "scardinerà l'Albo", come si legge sul sito dell'OdG della Lombardia, e magari questo è anche un bene. Di certo, però, sta contribuendo a riservargli un ruolo meno centrale.