Fin a poco temo fa, poco si sapeva in merito all'atteggiamento e al comportamento dei search engine user. Si trattava effettivamente di un 'vuoto' molto grave, anche in considerazione del fatto che già da anni circolano studi dedicati alla navigazione sui siti di commercio elettronico e che i motori di ricerca sono, sempre di più, i siti più visitati e utilizzati in assoluto dai surfer di tutto il mondo.
Oggi abbiamo finalmente a disposizione dei dati utili per analizzare la navigazione sui motori di ricerca: alcuni mesi fa, iProspect, società statunitense specializzata in search engine marketing, ha realizzato una serie di studi su questo argomento. La ricerca si intitola Search Engine Users Attitudes e ha coinvolto 1.649 persone, 'analizzate' alla fine del Marzo 2004 da una società specializzata in ricerche di mercato e analisi statistica: la Survey Sample International.
Contemporaneamente, anche Enquiro ha svolto un'analoga analisi del comportamento degli utenti dei motori di ricerca, analizzando la navigazione di migliaia di persone e utilizzando anche la tecnica dei focus group.
Utilizzo
Il 56% del campione analizzato utilizza Internet almeno una volta al giorno. Il 35% esegue almeno una ricerca al giorno e 21% esegue più di una ricerca al giorno. È bene notare che solo l'1% del panel afferma di non utilizzare mai i motori di ricerca.
Fedeltà
La gran parte degli utilizzatori dei motori di ricerca ha un motore di ricerca 'preferito'. Secondo iProspect:
- il 57% utilizza sempre il medesimo motore di ricerca;
- il 30% afferma di utilizzare sempre alcuni motori di ricerca, che vengono considerati 'intercambiabili';
- il 13% afferma di utilizzare differenti motori di ricerca a seconda del tipo di ricerche effettuate.
Fra coloro che affermano di utilizzare sempre il medesimo motore di ricerca, Google è considerato il miglior motore dal 66%, seguito da Yahoo con il 55% e da MSN con meno del 54%. AOL si è invece attestata introno al 49%.
E quando i motori di ricerca non funzionano...?
Che cosa accade quando un motore di ricerca 'fallisce' e non visualizza un risultato soddisfacente a seguito della ricerca di un utente?
Il 26% dichiara di abbandonare quella determina key-word o key-phrase utilizzata se non viene trovato alcun risultato utile nelle prime due pagine del motore di ricerca e tenta quindi di trovare ciò che cerca utilizzando altri termini. Il 23% dichiara invece di analizzare soltanto i primi quattro cinque risultati di ricerca visualizzati (tipicamente quelli che possono visualizzati a monitor senza fare lo scrolling della pagina). Il 19% dichiara di analizzare tutta la prima pagina dei risultati di ricerca (tipicamente, 10 risultati) e solo il 15% dichiara di analizzare i risultati visualizzati sino alla terza pagina.
Come appare evidente, l'affermazione ormai 'consolidata', da parte dei SEM (Search Engine Marketer), che non serve a nulla essere indicizzati se non si è presenti nei primi dieci risultati di ricerca visualizzati sembra essere definitivamente smentita da questa analisi. Come è possibile che ci sia una differenza così marcata fra quello che viene affermato dai SEM e ciò che è emerso dalla ricerca?
Di fatto, essere presenti sulla prima pagina dei risultati di ricerca garantisce la visualizzazione del proprio link da parte di almeno il 42% dei navigatori; ma essere presenti sulla seconda pagina garantisce il 26% e sulla terza pagina il 15%.
Si tratta senza dubbio di numeri molto alti e certamente inaspettati. Probabilmente le affermazioni dei SEM sono sempre state errate, oppure sono relative a un periodo (passato da tempo) in cui i surfer prendevano in considerazione soltanto i primi risultati di ricerca. Un'altra possibile spiegazione potrebbe essere che la qualità dei risultati di ricerca degli ultimi anni è notevolmente calata oppure che le ricerche condotte sui motori sono molto più articolate, ovverosia sono composte da più di due o tre termini (mentre un tempo prevaleva la singola keyword)...
Rimane un fatto: l'affermazione che non si è presenti se non si compare nei primi dieci risultati di ricerca è totalmente ingiustificata.
Inoltre, a quanto pare, solo il 9% del campione analizzato abbandona il motore di ricerca se non è soddisfatto da quanto ha trovato con la prima ricerca. Questo significa una cosa ben precisa: il searcher di fatto non abbina la propria insoddisfazione per i risultati di una ricerca con la cattiva qualità del search engine che sta utilizzando, ma piuttosto ritiene di avere utilizzato key-word o key-phrase non adatte e quindi si assume la 'responsabilità' del cattivo risultato; questo atteggiamento di trial & error è certamente molto utile per i navigatori perché ha una funzione propedeutica e didascalica che permette di migliorare sempre di più le proprie capacità di trovare siti e documenti con un motore di ricerca. La strada tentata anni fa (e ancora oggi) da motori di ricerca che cercano di simulare ricerche naturali, ovverosia scritte come se si trattasse di una domanda fatta a una persona, sono a quanto pare destinate ad avere sempre meno successo dal momento che i searchers hanno un atteggiamento molto umile nei confronti della ricerca e probabilmente ritengono che sia più facile apprendere qual è il giusto linguaggio che deve essere utilizzato per cercare con un search engine piuttosto che aspettare il perfetto funzionamento di un motore di ricerca che 'simuli' la sintassi naturale del linguaggio umano.
L'analisi di iProspect ha messo anche in luce le differenze che esistono nell'atteggiamento adottato dai searchers quando si trovano di fronte a un risultato deludente: mentre il 53% dei muratori abbandona un motore o la ricerca quando non visualizza alla prima query dei risultati validi nella prima pagina dei risultati, questa percentuale si abbassa al 40% tra gli insegnanti, al 38% per addetti al settore IT e al solo 27% tra gli studenti, a riprova che i più grandi e capaci utilizzatori dei motori di ricerca (i giovani) sono coloro che hanno un atteggiamento più 'costruttivo' di fronte a un 'fallimento' dei risultati di ricerca. Va anche notato che i disoccupati hanno una percentuale di 'abbandono' del motore di ricerca a seguito di una ricerca 'frustrata' molto più alta rispetto a chi ha un'occupazione, a tempo pieno o part time. Probabilmente, in questo caso, questo fenomeno è anche dovuto alle peggiori condizioni economiche dei searchers disoccupati che, spesso collegandosi con una tariffa a tempo o a consumo e non con piani 'flat', sentono di perdere tempo e denaro quando non vedono immediatamente soddisfatte le proprie ricerche.
Anche le persone più anziane sembrano essere meno disposte ad eseguire ulteriori tentativi su un motore di ricerca quando non sono soddisfatti dei risultati e questo molto probabilmente a causa della scarsa dimestichezza che hanno con i search engine e con Internet in generale. I dati sono molto chiari in proposito: mentre più del 50% degli ultrasessantenni abbandona la ricerca e/o il motore di ricerca se non è rimasto soddisfatto dai primi dieci risultati di ricerca, lo stesso accade per i giovani dai 18 ai 29 anni solo nel 32% dei casi.
È bene sottolineare che queste analisi e queste considerazioni possono avere un risvolto pratico molto importante nell'azione di SEO (search engine optimization), perché può spingere coloro che pubblicizzano prodotti e/o servizi adatti a un pubblico giovane a indicizzare il proprio sito su numerose parole-chiave cercando di ottenere dei buoni piazzamenti (fra le prime due tre pagine diciamo), mentre in qualche maniera 'obbliga' coloro che si rivolgono a un pubblico anziano a concentrarsi su pochi termini e ottenere su di essi un ottimo piazzamento (nelle prime 5-10 posizioni).
Le donne sono meno disposte degli uomini ad approfondire o a variare la propria query di ricerca nel caso non sia stata soddisfatta la prima. Mentre il 44% delle donne abbandona dopo avere visualizzato risultati insoddisfacenti nella prima pagina dei risultati di ricerca, questo accade solo nel 37 % dei navigatori di sesso maschile. Per quale motivo? A quanto pare, le donne tendono ad andare direttamente ai brand che conoscono bene e di cui si fidano piuttosto che dare 'credito' a siti bene indicizzati ma sconosciuti.
Per questo motivo chi si occupa di pubblicizzare siti dedicati alle donne deve probabilmente abbinare una strategia di PPC advertising (pubblicità su motori di ricerca pay per click) piuttosto che concentrarsi esclusivamente su un discreto posizionamento di centinaia di migliaia di parole-chiave attraverso un classico processo di indicizzazione.
Quanto vengono utilizzate le toolbars?
Oggi, le toolbar di ricerca non sono più una novità. Infatti, quasi tutti i motori di ricerca e le directory offrono gratuitamente delle toolbar, da installare in locale sul proprio personal computer e con le quali è possibile effettuare delle ricerche in qualsiasi momento e senza dovere aprire la home page del proprio motore di ricerca preferito.
Il 49% del campione analizzato durante la ricerca dichiara di utilizzare una o più toolbar. Ai quasi 2000 partecipanti al panel infatti è stato chiesto esplicitamente quali fossero le toolbar utilizzate: al primo posto, forse sorprendentemente, troviamo la toolbar di Yahoo (con il 32%), seguita dalla Google toolbar (con il 27%) e da quella di MSN con il 17%.
Quello che ci sentiamo di affermare a seguito di analisi di utilizzo di toolbar anche in Italia è che mentre le toolbar vengono scaricate e installate volentieri, soprattutto da coloro che hanno un proprio motore di ricerca di riferimento, di fatto vengono utilizzate poco se non pochissimo. Non abbiamo a disposizione una statistica in merito ai motivi di questo scarso utilizzo ma certamente c'è da considerare il fatto che spessissimo il proprio motore di ricerca è installato sul browser come home page predefinita; inoltre, anche qualora così non fosse, è poca la fatica per aprire la pagina di un motore di ricerca. Infine è da considerare il fatto che le toolbar non offrono affatto tutti i servizi che invece sono offerti normalmente sulla pagina web del motore di ricerca o della directory. Facendo un paragone un po' singolare, potremmo dire che le toolbar sono come le cyclette: quasi tutti ne hanno una in casa, ma sono pochissimi coloro che la utilizzano veramente...
Risultati paganti VS risultati non paganti
Al contrario di quanto si potrebbe pensare di primo acchito, non esiste una uniformità nel differente apprezzamento tra i risultati di ricerca 'paganti' (detti anche paid links, paid listing o sponsored links) e i risultati di ricerca non paganti, detti anche 'organici'. Per esempio, nel caso in cui la query di ricerca sia 'auto usate' viene data preferenza ai risultati organici nel 60.5% dei casi, mentre ai risultati paganti spetta il 39,5%, una percentuale decisamente molto alta e di fatto inaspettata.
Esistono anche notevoli differenze a seconda dei motori di ricerca presi in considerazione. Gli utenti di Google preferiscono decisamente i risultati di ricerca organici (72%), mentre gli utenti di MSN ritengono più rilevanti i paid listing (con il 71%). Dobbiamo però interpretare questo dato. Non è infatti detto che nel caso di Google ci si trovi di fronte a dei risultati organici migliori o che nel caso di MSN il lavoro redazionale di chi autorizza la visualizzazione di determinati siti con determinate key-word o key-phrase sia migliore. La grande percentuale di apprezzamento dei risultati in Google è certamente in buona parte dovuta al fatto che i paid listing sono esplicitamente e graficamente differenziati dai risultati organici. Possiamo infatti tranquillamente affermare che più i paid links sono 'integrati' all'interno della pagina dei risultati di ricerca, più essi sono apprezzati dagli utenti.
Sia gli uomini sia le donne preferiscono i link organici, anche se con una certa differenza (65% per i primi e 57% per le seconde).
La preferenza per i risultati di ricerca organici è presente in tutte le categorie e le classi di navigatori, ma ci sono anche in questo caso delle differenze di rilievo.
- Titolo di studio: Gli studenti universitari preferiscono i link organici (65%) ai paid listing (35%), mentre per chi non frequenta o non ha frequentato l'università queste percentuali sono del 56% contro il 44%. È bene sottolineare il fatto che in questo caso, uno dei motivi principali per cui gli studenti universitari preferiscono i link organici è rintracciabile nel fatto che le loro ricerche sono spesso di ambito non commerciale, ma intellettuale e sono composte da più di due key-word. Non vi è dubbio che per queste query i risultati di ricerca migliori sono, su qualsiasi motore di ricerca, quelli organici.
- Occupazione: I lavoratori a tempo pieno apprezzano i risultati organici nel (65%) contro il 36% del paid listing. I lavoratori part-time nel 61% contro il 39% e fra i disoccupati le percentuali sono rispettivamente del 55% contro il 45%.
- Utilizzo di Internet: I frequentatori assidui dei motori di ricerca (quattro o più ricerche al giorno) preferiscono i link organici nel 65% dei casi, gli utenti meno assidui li preferiscono solo nel 56% dei casi.
Come già abbiamo ricordato, queste analisi debbono essere tenute in seria considerazione da tutti coloro che si occupano di Search Engine Marketing. Una buona strategia di marketing deve quindi superare la semplice analisi del 'dove' e del 'come' (relativa ai motori di ricerca con i quali indicizzarsi o sui quali acquistare degli spazi sponsorizzati). L'analisi del 'per chi' è infatti altrettanto rilevante e può determinare il successo o l'insuccesso di una campagna di SEM. È evidente infatti che chi si rivolge a donne ultrasessantenni disoccupate dovrà dedicare molte più energie e danaro per il paid listing piuttosto di chi invece pubblicizza prodotti o servizi destinati a studenti universitari.