La figura del social media manager è ormai da tempo consolidata in qualsiasi attività imprenditoriale. Indipendentemente dal settore in cui si opera, oggi risulta indispensabile essere presenti sulle principali piattaforme di social networking, non solo per promuovere i propri prodotti e servizi, ma anche e soprattutto per interagire e amministrare gli utenti.
Negli ultimi tempi, tuttavia, sembra che questa figura stia evolvendo fino ad assumere un nuovo ruolo: quello del social media monitor. Quali sono le differenze e, soprattutto, quali sono le ragioni alla base di questo processo evolutivo?
A parlare della differenza tra queste due figure professionali, due ruoli tutt'altro che in antitesi ma inseriti sul medesimo percorso, è stato Seth Redmore, CMO di Lexalytics. Più che una scelta tra un figura e l'altra, si tratta di sposare una precisa filosofia per la gestione della propria presenza social, allo scopo di massimizzare il risultato.
Di conseguenza, molto dipende dagli obiettivi che si desidera raggiungere, dal proprio target di riferimento e dalle strategie d'investimento che si desidera mettere in atto.
Social media manager: approccio reattivo
La figura del social media manager, così come già detto in apertura, non ha bisogno di troppe presentazioni, poiché ormai presente nella maggior parte delle aziende indipendentemente dal settore in cui operano. Secondo Redmore, però, il ruolo di questo professionista è soprattutto reattivo: agisce, in altre parole, in risposta a un evento.
Il linea generale, i compiti principali del social media manager sono quelli di creare engagement - ad esempio tramite la creazione di contenuti, sia testuali che visivi - che intervenire in risposta a quel che succede sulle piattaforme, ad esempio i commenti degli utenti, le richieste d'assistenza e molto altro. Ancora, si occupa ciclicamente di elaborare e analizzare le statistiche relative alla propria presenza social, per comprendere se la strategia scelta stia funzionando.
Sebbene spesso i social media manager riescano ad anticipare dei trend, o comunque a eseguire una parte corposa del loro lavoro con largo anticipo, le strategie principali avvengono per reazione alla piattaforma stessa. Ad esempio, monitorando i dati di traffico, il professionista rileva un aumentato interesse nei confronti di quella chiave e conseguentemente produce e pianifica interazioni social in questo senso.
Social media monitor: approccio proattivo
A differenza del social media management, così come Redmore sottolinea, il social media monitoring ha un approccio proattivo alle piattaforme. Tutte le azioni sui social, infatti, non dipendono da una reazione a un trend virale, agli spike nel traffico oppure a delle chiavi divenute improvvisamente ricercate, bensì si basano sull'osservazione.
Per farlo non si avvale unicamente delle capacità umane, le quali rimangono comunque indispensabili, ma anche di tecnologie come il machine learning, l'intelligenza artificiale e l'elaborazione del linguaggio naturale.
L'obiettivo di questo approccio è quello di individuare, con un buon anticipo, tutti quegli argomenti e quelle tendenze che potrebbero non solo essere gradite dai propri follower, ma che hanno le carte in regola per divenire facilmente virali. Poter approfittarne in anticipo garantisce un vantaggio competitivo - ovvero quello di arrivare primi - e di raggiungere una promozione social più efficiente.
Non a caso, chi impiega strumenti di social media monitoring raggiunge ROI e conversioni più alte rispetto ai metodi di gestione più classici, poiché semplicemente offre all'utente una risorsa prima ancora che il follower stesso sia consapevole di averne bisogno, aumentandone la curiosità.
Lo svantaggio principale, però, è nei costi: dovendo affiancare l'analisi umana con tecnologie molto avanzate, come appunto il machine learning, questo approccio potrebbe non risultare accessibile a chi dispone di budget limitati.
Via Seth Redmore